Pittore – scultore – architetto – scrittore – insegnante
Questo volume, il secondo secondo della collana “Rarità del Novecento Livornese”, ideata e diretta da Francesca Cagianelli, è dedicato a Lorenzo Cecchi, significativa tempra di pittore, scultore, architetto, scrittore, insegnante, il cui insegnamento presso la Scuola di Arti e Mestieri di Livorno vide gli esordi di tutta una generazione di artisti quali Renato Natali, Benvenuto Benvenuti, Gino Romiti, Corrado Michelozzi, Umberto Fioravanti, Cafiero Filippelli, e Carlo Servolini.
Gli acquarelli dedicati da Cecchi alla Sardegna, il Lazio, l’Umbria, e in particolare le visioni di Pompei, i templi della Magna Grecia e della Sicilia, i monumenti di Firenze, gli angoli della Vecchia Livorno, i vicoli di Assisi le spiagge di Salerno, ma soprattutto le magnificenze della Roma Imperiale, restituiscono con efficacia pittorica un inedito percorso d’artista nelle località più celebrate d’Italia.
Archivi e Eventi, collana “Rarità del Novecento Livornese”
A cura di Di Francesca Cagianelli.
Introduzione di Franco Sborgi
Apparati bibliografici a cura di Michele Pierleoni
Benvenuti&Cavaciocchi, Livorno, 2006
Note biografiche:
Nato a Limite sull’Arno nel 1864 e morto a Ghivizzano Coreglia nel 1940, trascorre la sua giovinezza a Livorno, dove insegna presso la “Scuola di Arti e Mestieri”, frequentata da artisti quali Renato Natali, Benvenuto Benvenuti, Gino Romiti, Cafiero Filippelli, Carlo Servolini e Gino Mazzanti.“Le opere di Lorenzo Cecchi discendono da una maturazione artistica sotto gli influssi neoclassici, romantici e veristi della seconda metà dell’ottocento, nessuno dei quali prepondera nella sua maniera, non attribuibile, perciò, a scuola di sorta. La produzione comprende acquerelli ed olii: i primi rispecchiano le peculiari e preferenziali caratteristiche dell’Autore, per i quali si serve delle sue esperienze architettoniche; i secondi, che tendono alla maniera dei post-macchiaioli, a soggetto marino e paesaggistico, rivelano i vincoli del Cecchi con i pittori livornesi”: tale il parere di Marco Brizzi all’epoca della retrospettiva al Palazzo del Turismo di Montecatini Terme nel 1972.
Era stato Gino Mazzanti, il primo biografo di Cecchi, nonché suo allievo alla Scuola di Arti e Mestieri di Livorno, a delineare “in carne ed anima” il profilo dell’artista nel 1958: “artista multilatero e fecondo, specialmente nel campo dell’Architettura della quale fu profondo conoscitore”.
Tra le opere architettoniche più note è da annoverarsi la Cappella Marassi, presso il Cimitero Monumentale di Firenze, “realizzazione architettonico-plastica che il Cecchi improntò alla austera grazia del gotico fiorentino (…)”. D’altra parte l’adesione di Cecchi al Liberty risulta evidente in due piccoli monumenti funerari a foggia di stele, uno nel Cimitero della Misericordia, l’altro nel Cimitero Comunale in Livorno: “Sempre in quello stile ibrido e quasi sempre antiestetico – prosegue Mazzanti – il Cecchi delineò progetti e disegni per villini, padiglioni, esposizioni, mostre di negozi e cinematografi, facciate di stazioni ferroviarie e di autorimesse. Fu una parentesi fortunatamente breve (…)”.
Nel 1908 vince la cattedra di disegno ed è assegnato dapprima alla “Scuola Cavour”, poi a quella “Leonardo da Vinci” di Roma.
A Roma, dove vivrà per circa trent’anni, esegue cinquantaquattro vedute, che gli valgono la fama di “acquarellista di Roma Imperiale”.
Retro della copertina:
Amico di Pietro Mascagni fin dall’infanzia, frequentatore del Caffè Bardi, insegnante presso la Scuola di Arti e Mestieri e l’Istituto Tecnico di Livorno, Lorenzo Cecchi (Limite sull’Arno 1864- Ghivizzano Coreglia 1940) fu anche pittore, scultore, architettoe scrittore.
Stimato da Pietro Vigo, Cecchi scoprì nei pressi della Quadratura dei Pisani, durante un sopralluogo con l’architetto e pittore Alberto Calza – poi noto a Roma come Alberto Calza-Bini – alcuni ruderi che gli consentirono di aprire il dibattito sul “Castrum Liburni”.
Gli innumerevoli acquarelli dedicati dall’artista alla Livorno Medicea traducono con sintesi disegnativa e novità di tecnica divisionista la sua passione architettonica ed erudita, fino al soggiorno a Roma del 1908??, quando si dedicherà alle magnificenze della Roma Imperiale, con una ancor più matura propensione luminosa.
Forse attratto dai virtuosismi atmosferici degli Acquarellisti romani Cecchi scandisce con tagli scenografici e perizia disegnativa la visione delle monumentali rovine romane, più attento alla decadenza dei marmi e al dilagare della vegetazione che alla più consueta animazione macchiettistica e folkloristica.