La professione del critico d’arte

e il progetto di un osservatorio culturale al servizio della comunità cittadina

Di Francesca Cagianelli

Certo rigoglio, spesso anche eccessivo, di pubblicazioni artistiche da una parte e iniziative espositive dall’altra a Livorno, ma non soltanto, mi conforta nell’avviare una riflessione sulla mancanza di un’effettiva regolamentazione delle questioni inerenti il settore dei beni culturali e, di conseguenza, una sostanziale disarticolazione dei risvolti commerciali.

Già nel 2002 Fabrizio Lemme imputava alla natura del nostro ordinamento giuridico la pressochè totale assenza di leggi inerenti alla professione di critico d’arte e la conseguente assunzione della responsabilità di expertises da parte di chiunque, senza escludere neppure il proprio portiere o l’operatore ecologico.

Lo sdegno di Lemme si appuntava comunque su due questioni specifiche: la prima – e cito testualmente: “non basta esser figlio, coniuge, nipote o addirittura, come nel caso di Modigliani, genero dell’artista, per accampare una sorta di diritto di esclusiva in riferimento alle opere di un’artista scomparso (…)”.


Il prosieguo dell’argomentazione di Lemme suonava così: “e non basta cooptare parenti”, con allusione alla pratica, diffusa in tutta Italia, della costituzione di archivi di artisti scomparsi mediante la cooptazione di eredi, che altro scopo non hanno se non creare – l’espressione è ancora di Lemme – “rendite di posizione, quando non strumenti selettivi arbitrari e ricattatori”, quindi motivati quasi esclusivamente dalla rivendicazione di una posizione privilegiata.

La conclusione, che è poi quella che più interessa in questa sede, coincide con l’urgenza di “disciplinare gli archivi”, allo scopo di evitare un effettivo “perturbamento nel mercato”, e con il conseguente appello all’allora ministro dei Beni Culturali a favore di “una legge in senso formale”.

Venendo all’hic et nunc della nostra conferenza, ci sembra che anche il mercato livornese debba inevitabilmente far riferimento a tale quadro nazionale, senza voler sottrarsi a un salutare processo di disciplina che non sarebbe sbagliato ricondurre, sulla scia dei suggerimenti di Lemme, all’ipotesi di una subordinazione di qualsiasi archivio dell’800-900 all’autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali sulla base di un preventivo pronunciamento favorevole da parte del Comitato di Settore in merito alla serietà scientifica dell’iniziativa.

Ma, al di là del quadro normativo, ahimè purtroppo ancora lontano da qualsiasi attuazione, non si potrà non concordare con la dichiarazione relativa all’urgenza di una scientificità inappuntabile in fatto di Archivi, che dovrebbe essere supportata dalla presenza di un Comitato Scientifico, presieduto da un Professore universitario di Arte Contemporanea, affiancato da almeno due esperti di comprovata fama, in modo da garantire una moralizzazione del mercato dell’arte.

La convinzione che non si possa oggi prescindere, in vista della tutela dell’opera degli artisti dell’Ottocento e del Novecento, da tale scientificità ci ha dunque sorretto nella costituzione di un’associazione culturale intitolata proprio “Archivi e Eventi”, che non pretende assolutamente di pronunciarsi in termini “arbitrari” – come diceva Lemme – in merito alle spinose questioni dell’autenticità dei vari artisti livornesi, ma si limita a contribuire all’indagine di essi tramite una quotidiana e qualificata ricerca scientifica condotta secondo le metodologie storico-critiche accreditate presso la comunità degli operatori culturali nazionali.

Tutti i progetti finora realizzati dall’Associazione “Archivi e Eventi”, così come quelli in fase di realizzazione, intendono procedere nella direzione di una proposta culturale di estremo rigore scientifico, che non può se non influire positivamente sul processo di moralizzazione del mercato dell’arte.

La catalogazione degli Archivi avviata ormai da più di un anno da parte della nostra Associazione, affiancata da un’imprenscindibile attività organizzativa di eventi culturali, intende attenersi unicamente al criterio della qualità e della specializzazione, certi che sono quelle regole invocate da Lemme a dover indirizzare la professione dello storico dell’arte.

Sono stati quindi selezionati per tale attività giovani studenti universitari e laureati che si affacciano al mercato del lavoro con una solidità professionale e una convinzione specialistica che ormai impronta l’articolazione di tutti i corsi di storia dell’arte presso le varie università.

Non si vuole quindi nell’ambito della nostra associazione acquisire alcuna autorevolezza che non coincida con la ricerca scientifica, non si vogliono cooptare i parenti o sfruttarne in qualche modo il ruolo legale, non si intende partecipare al mercato degli expertises, ma solo esercitare con pazienza e senso di responsabilità il nostro unico ruolo e la nostra appagante professione di storici: che coincide con lo studio e la catalogazione degli archivi da una parte, la valorizzazione e l’organizzazione di eventi squisitamente culturali dall’altra, attività condotte, in passato, così come in futuro, grazie alla collaborazione di professori universitari di comprovata fama, di istituzioni museali nazionali, di editori di estesa circuitazione.

Nel caso della catalogazione e dell’ordinamento degli archivi dell’800-900 livornese, cito tra tutti quelli di Silvano e Cafiero Filippelli, Gino Romiti, Adolfo Tommasi, Antonio Antony de Witt, finora alla nostra attenzione – ma molti altri se ne aggiungeranno – si è quindi deciso, in pieno accordo con gli eredi, di instaurare un proficuo dialogo istituzionale con la Soprintendenza Archivistica di Firenze, nell’ambizione di voler finalmente procedere in un innovativo percorso di sprovincializzazione della storia degli artisti labronici.

Accanto a tale complessa attività, che impone senso di responsabilità e profondo impegno specialistico, corre il filo di un altro importante e coraggioso progetto dedicato all’arte livornese dell’800-900, che coincide con la collana d’arte dal titolo “Rarità del Novecento Livornese”: terreno anch’esso difficile e tortuoso con riferimento ad un bilancio culturale e ad un’indagine pioneristica di un settore mai finora sondato da alcuno, che è poi quello degli artisti rimossi tanto dal mercato, quanto dalla critica trascorsa ed attuale.

Bene, al fine di poter vagliare con senso di responsabilità e consapevolezza di ragionamento critico le priorità di un progetto di valorizzazione, non abbiamo indugiato a coinvolgere il Professor Franco Sborgi, docente ordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea presso l’Università di Genova, desiderosi di evitare le secche del municipalismo, e di confrontarci con quegli stessi criteri di valutazione che ispirano la comunità scientifica nazionale.

In tale percorso, comunque, mai è venuta meno l’esigenza di dialogare con i protagonisti del mercato livornese, certi che è proprio attraverso un costante confronto con essi che gli storici dell’arte possono consolidare e ampliare il loro progetto di valorizzazione degli artisti dell’800-900, e al tempo stesso contribuire a quel processo di moralizzazione del mercato dell’arte cui si è inteso dedicare questa conferenza.

Si pensi alla recente pubblicazione dedicata a Renato Natali, promossa dalla Galleria d’Arte Athena, curata dalla sottoscritta e da Dario Matteoni, in occasione della quale un dialogo attento e proficuo tra operatori culturali specializzati da una parte e attori del mercato cittadino dall’altra ha condotto ad un bilancio scientifico innovativo, che si è tradotto in un solido potenziamento della produzione dell’artista nei circuiti commerciali non solo locali, oltre che in una più consapevole sensibilità collezionistica.

Operazioni di tenore analogo dovranno essere l’obiettivo di una sinergia sempre più serrata tra storici e gallerie, ai fini di corrispondere in termini finalmente esaustivi alle aspettative di tutti quegli eredi di artisti che non hanno ancora potuto godere di un simile processo di qualificazione e specializzazione della proposta culturale e di una conseguente moralizzazione del relativo mercato. Non è un caso che abbiamo qui inteso radunare gli eredi dei più importanti artisti labronici per poter formulare alla loro presenza il nostro progetto di operatori culturali specializzati.

Si intende infatti in questa sede lanciare il progetto di un osservatorio culturale, dedicato all’intera comunità cittadina, ma soprattutto a tutti quegli eredi che nell’incertezza di un atto di responsabilità da dedicare alla tutela dei propri avi si vedano costretti a navigare in un caotico e indiscriminato magma di opzioni, tra le quali anche i più accorti ed esperti riuscirebbero con difficoltà a intravedere gli effettivi obiettivi e la reale scientificità.

Sarà allora necessario per noi storici affiancare gli eredi degli artisti labronici in tale difficile congiuntura, aiutarli a perseguire quelle scelte di valorizzazione in linea con una ricerca di inoppugnabile valore scientifico, sotto gli auspici di istituzioni non solo cittadine. Invitiamo pertanto gli eredi qui presenti ma anche quelli che vorranno contattarci in futuro, a non sottovalutare la criticità di certe scelte, e a vagliare con senso di responsabilità la complessità dei possibili criteri e percorsi di valorizzazione. Se si vorrà cioè evitare che il futuro di tali artisti equivalga ad un passato, che è poi l’ultimo cinquantennio, di sfortuna commerciale e fraintendimento critico, non tanto rispetto ad una circuitazione cittadina, quanto piuttosto rispetto al contesto nazionale, sarà urgente che gli eredi siano più ambiziosi e insieme più accorti che nei trascorsi frangenti: occorrerà non più derogare da criteri di qualità dell’offerta culturale, di specializzazione professionale, e di moralizzazione del mercato dell’arte.

Anche nel settore dei beni culturali, infatti, non diversamente dagli studi legali, dalle sale operatorie, dai cantieri edili, vi è una complessa organizzazione, vi sono ruoli e competenze che non possono essere disattesi, né, tanto meno usurpati: i danni che ne deriverebbero sarebbero incalcolabili, non ultima la dignità degli artisti labronici.

Riciclaggi, trasformismi, mimetismi, appaiono i rischi diffusi e deprecabili della prossima partita tra cultura e mercato dell’arte, partita che tutti noi auspichiamo nel segno della massima trasparenza, e nella quale occorrerà giocare non troppe partite, anzi qualora non siano di supporto talento e professionalità, neppure una.

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