Presentazione volume Mario Ferretti

gennaio 7, 2007

Oggi più che in altri tempi si avverte l’esigenza di una ricognizione serrata, filologica, costruttiva sul nostro Novecento: troppe mostre affliggono il territorio con proposte di storicizzazione incompleta o fuorviante, sempre comunque velleitaria e troppe pubblicazioni ribadiscono una cronaca già scritta, ma carica di penose omissioni.

Forse è anche colpa di una tradizione critica fuorviata da una terminologia inadueguata, disseminata di luoghi comuni quali “maestri”, da una parte, “seguaci”, dall’altra, e ancora, “capolavori” di contro a “testimonianze di un filone…”, ecc.: una terminologia di derivazione accademica, ma che spesso, usata a sproposito e senza un’adeguata conoscenza delle vere questioni storico-artistiche, ha condotto a stolte estradizioni di personalità del nostro Novecento, che, senza essere “maestri” e senza aver realizzato i cosiddetti “capolavori”, pure hanno contribuito alla vitalità e pluralità di una proposta artistica che anima anche i territori più periferici rispetto ai grandi centri culturali: è il caso di Livorno, una realtà artistica da sempre marginalizzata nell’ambito degli studi enciclopedici, e ancor di più colpevolmente stritolata tra un malinteso fattorismo e un’ancora non indagata ‘questione’ Premio Modigliani.

Ecco che il progetto delle “Rarità del Novecento Livornese” non assume in tale contesto la veste di un ulteriore velleitarismo o comunque di una proposta storicamente inadeguata, ma semmai offre la possibilità di colmare con scrupolo e impegno scientifico le tante lacune di una stagione carica di sorprese stilistiche.

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Franchetti-Mondolfi 1906. Introduzione di Francesca Cagianelli

dicembre 10, 2006

L’asse Franchetti-Uzielli: arte e mecenatismo a Livorno nei dintorni di una famiglia ebraica dell’Ottocento
Di Francesca Cagianelli

La contiguità tra la famiglia Franchetti e gli Uzielli, annunciata fin dalla dedica a Eleonora Uzielli Franchetti del manoscritto pubblicato in questa sede evoca senza alcuna forzatura l’ombra dei Macchiaioli sulla tortuosa e seducente saga di una famiglia ebraica che grazie alla personalità di Alessandro Franchetti prima, e di Augusto Franchetti dopo, consente di acquisire alla storia di Livorno straordinarie testimonianze di cultura e arte toscana del XIX secolo.

Il narratore, Rodolfo Mondolfi, nipote di Alessandro Franchetti, non nasconde affetto e venerazione per colui che aveva collezionato e studiato prestigiose edizioni della Divina Commedia, compresa quella illustrata da Gustave Dorè, e anzi, conquista, per un tono di virile ma elegiaca affettività – sarà lui stesso a schermirsi dicendo che “nessuna pretesa è in lui di dare a casa Franchetti un lavoro letterario, ma una raccolta di ricordi che attestino l’amor di lui per le persone di cui parla e destino eguale amore in chi legge” -, quel discrimine individuato nella personalità dello zio materno tra “erudizione” e viva dottrina”: Alessandro infatti “non in tutto assentiva alle lodi date al celebre illustratore francese, al quale se non si può negare mirabile potenza di fantasia e abilità grande di composizione, deve per altro rimproverarsi di non aver inteso il poema da lui preso ad illustrare”.

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Renato Vigo. L’esprit du surréalisme souffle ou il veut

novembre 2, 2005

Lo spirito del surrealismo soffia dove vuole

Con questa breve ma programmatica affermazione José Pierre, artista, critico d’arte, e promotore artistico del Surrealismo europeo, inaugura in catalogo il percorso espositivo della mostra di Colonia del 1971, e con questa frase mi piace inaugurare questa serata di presentazione di una collana che a pieno titolo si inserisce nella bibliografia relativa al Novecento Toscano con credenziali assolutamente esclusive.

Lo spirito del Surrealismo che aveva soffiato da Parigi a Colonia a Quercianella, riunendo intorno al 1969, tre personalità diversissime e lontanissime – José Pierre, appunto, Theo Gerber, altro esponente del Surrealismo europeo, e Renato Vigo, allora come sempre isolatissimo ma produttivo autodidatta nell’ambito della stagione surrealista toscana – questo spirito ha soffiato ancora una volta, a distanza di tanti anni, riuscendo a riunire qui oggi un pubblico che finalmente si riappropria di una personalità artistica da anni dimenticata non solo in ambito nazionale, ma anche locale.

E’ un lungo progetto quello che è approdato oggi in questa sala grazie ancora una volta alla generosa disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, nella persona del suo Presidente, Luciano Barsotti, e del suo Vice Presidente, il Prof. Carlo Venturini, che qui ringrazio calorosamente, un progetto che fin dall’inizio si è coronato di difficoltà molteplici, dovute allo scarso radicamento dell’artista nella cultura e nell’immaginario del contesto culturale cittadino, ma che subito ha trovato nel Presidente Barsotti una pronta e benevola risposta, anche soprattutto grazie all’intuizione di un progetto, quello della collana dal titolo Rarità del Novecento Livornese, che a tutti gli effetti si prestava ad una personalità quale quella di Renato Vigo.

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