Il mistero delle statue livornesi

novembre 1, 2008

Di DARIO MATTEONI

Statua del Pescatore, a Ardenza-Livorno

Statua del Pescatore, a Ardenza-Livorno

Livorno. Un nuovo tassello si aggiunge alla storia delle tre statue destinate ad “abbellire” altrettante piazze della città di Livorno e che a varie riprese in questi mesi ha sollecitato la curiosità, ma più spesso l’indignazione, dell’opinione pubblica livornese. Ci riferiamo, come è ovvio, alla lettera della signora Cordelia von den Steinen, pubblicata sulle pagine del “Tirreno” di Livorno con il dovuto risalto: una lettera che racconta con inedite notizie la vicenda di una committenza mancata tra il Comune di Livorno e Pietro Cascella, lo scultore recentemente scomparso.

Si sarebbe quasi tentati di annoverare, con il gusto dell’investigatore, questa vicenda tra i tanti piccoli e grandi misteri (ma non sarebbe fuor di luogo anche il termine “scandali”), che da sempre accompagnano la storia dell’arte e che a Livorno, come tutti sappiamo, ha un precedente tristemente noto. E di mistero possiamo certo parlare se rileggiamo le dichiarazioni che pubblicamente sono state rilasciate sulla stampa cittadina per annunciare e poi immediatamente ritrattare, davvero nello spazio di un soffio, l’imminente collocazione in tre luoghi della città di altrettante opere scultoree di maestri contemporanei: quanta scarsa determinazione talvolta si cela tra le pieghe di un fraseggio poco autorevole!

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Il fu cinema Odeon di Livorno

agosto 25, 2008

Nel sito del Corriere della Sera è pubblicato un articolo di Marco Gasperetti dedicato al fu cinema Odeon di Livorno. Vi vengono proposte, tra l’altro, infuriate dichiarazioni di Vittorio Sgarbi, spiegazioni del mio critico d’arte preferito, Dario Matteoni, e una ipotesi piuttosto spinta ma meritevole di attenzione di Marcella Amadio, consigliera per AN alla Regione Toscana e al Comune di Livorno.

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Nella foto di Roberto Malfatti ciò che resta dell’edificio progettato da Virgilio Marchi. Giugno 2008


Dopo la furia demolitrice miglioriamo almeno il progetto

Maggio 20, 2008

DARIO MATTEONI

Livorno. La notizia apparsa in questi giorni riguardante il momentaneo stop alla trasformazione del cinema Odeon, un esempio di architettura cinematografica tra i più importanti della storia dell’architettura italiana del secondo dopoguerra, potrebbe far supporre un opportuno ripensamento di quello che a giudizio di molti, in prima linea Vittorio Sgarbi, appare un incomprensibile scempio ai danni del patrimonio architettonico nazionale.

Sappiamo infatti che di questo edificio, secondo una concezione del principio di conservazione e di tutela a dir poco singolare, dovrebbe rimanere unicamente il foyer dalle eleganti forme classicheggianti. Davvero incomprensibile appare la furia demolitrice rivolta verso l’opera del grande scenografo futurista, il livornese Virgilio Marchi, tanto più incomprensibile perché sostenuta da un’iniziativa di natura pubblica (Spil è partecipata in maniera determinante dal Comune di Livorno) che in tale sciagurata vicenda avrebbe dovuto dimostrare ben altra attenzione e sensibilità verso un’ipotesi di conservazione complessiva del manufatto.

Disturba, tanto sotto il profilo culturale, quanto in rapporto ad un sacrosanto senso di responsabilità civile, che di fronte a tale icona dell’architettura cinematrografica non si sia percorsa nessun’altra ipotesi di riuso se non quella della demolizione e quindi della sostituzione con un anonimo garage, in evidente controtendenza con quanto ormai accade in molti paesi europei nei quali, con ben altra consapevolezza urbanistica e vitalità progettuale, si affronta la questione della riconversione delle architetture del recente passato storico. Il cinema Odeon, questo è un dato di fatto, oggi non esiste più se non nei disegni di Virgilio Marchi.

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Il progetto della bruttezza non è ineluttabile 2

aprile 12, 2008

DARIO MATTEONI

Livorno. Assistiamo proprio in questi giorni al compimento di quello che a giusto titolo non può se non definirsi uno scempio: la demolizione del Cinema Odeon, un esempio di architettura cinematografica tra i più importanti della storia dell’architettura italiana del secondo dopoguerra. Di questo edificio, secondo una concezione del principio di conservazione e di tutela almeno singolare, non rimarrà se non l’elegante foyer, una sorta di frammento che non potrà se non ergersi a simbolo e monito di una furia demolitrice a molti incomprensibile.

Incomprensibile, innanzitutto, perché sostenuta da un’iniziativa di natura pubblica – come è noto il soggetto attuatore è la SPIL, una società che vede una forte presenza di soggetti pubblici, tra cui anche il Comune di Livorno, nella sua compagine societaria e la cui sigla si scioglie in Società Porto Industrale Livorno – che certo in tale sciagurata vicenda si è dimostrata ben poca attenta ad ogni possibile ipotesi di conservazione complessiva di tale manufatto.

E’ fin troppo chiaro come questa ennesima vicenda che a Livorno vede l’accanimento contro edifici dismessi di indubbio valore storico, sia in palese controtendenza con quanto accade in molti paesi europei, dove la pratica della riconversione e del riuso sono all’ordine del giorno. Colpisce, per esempio, la notizia che a Berlino la rete delle centrali di produzione e di trasformazione dell’energia elettrica realizzate a partire degli ultimi decenni dell’Ottocento diventi parte integrante di una politica di salvaguardia del patrimonio architettonico moderno.

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Il progetto della bruttezza non è ineluttabile

aprile 6, 2008

DARIO MATTEONI
Livorno. Nel 1817 Giovanni Antolini, architetto giacobino noto per aver disegnato un grandioso progetto del Foro Bonaparte a Milano, rimasto sulla carta, visitando Livorno lamentava il disordine secondo il quale la città si andava espandendo al di fuori degli antichi bastioni buontalentiani e reclamava, con accorate parole, la necessità di un intervento dell’autorità pubblica che imponesse un disegno unitario e complessivo delle nuove espansioni.
L’accorato appello di Antolini mi è tristemente ritornato alla mente proprio in questi giorni osservando i disegni del cosiddetto nuovo centro, quell’ampia area a sud della città rimasta fino ad oggi non edificata e occupata dai grandi svincoli della tangenziale che qui si dirige verso la costa.

Non è mia intenzione in questa sede affrontare le motivazioni amministrative che hanno condotto a questo nuovo, ma non innovativo, piano di urbanizzazione: vorrei piuttosto soffermarmi sugli esiti urbanistici e architettonici delle scelte compiute, così come possiamo comprenderle dalle immagini rese note e nelle quali campeggia l’insipida sagoma di una inutilmente monumentale torre in vetro.

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La stagione del piccone demolitore non è tramontata

settembre 17, 2007

Matteoni: l’elegante foyer trasformato in ingresso per le rampe del parcheggio, uno scempio.

DARIO MATTEONI

Livorno. Eravamo ormai convinti che la stagione del “piccone demolitore” fosse ormai definitivamente tramontata. Eppure leggendo, proprio sulle pagine di questo giornale (il Tirreno, NdR), la notizia, pubblicata ovviamente con grande rilievo, dell’imminente demolizione del cinema Odeon, forse dobbiamo pensare che ancora nella nostra città la furia della demolizione, della cancellazione delle memoria storica sia ancora attuale. E questo, quando appare ancora calda la questione delle “Acque della Salute”, che peraltro risulta scomparsa dalle cronache cittadine, se non fosse per il recente interesse da parte della magistratura.
Nel 1946 la Società Immobili Teatri e Cinematografi, proprietaria della maggior parte delle sale di spettacolo livornesi, incarica l’architetto Virigilio Marchi di realizzare un cinema teatro di grande capienza. Avviati nel 1948, i lavori di costruzione si concludono nel 1952: con i suoi 2500 posti il cinema Odeon – nel frattempo, a causa degli esigui mezzi economici la destinazione teatrale era decaduta – si poteva a giusto titolo definire la più grande sala cinematografica italiana. Così, proprio nel 1952, l’”Araldo dello Spettacolo” poteva lodare la giusta impostazione dei servizi e l’ampiezza inusitata dei locali accessori” che rendevano l’Odeon uno dei cinema più importanti d’Italia.

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